VINTAGE Love&Design


Design Joe Colombo Model No.4801 Chair.
 
Autentico  simbolo del Design degli anni Sessanta  , ricercatissima  alle aste di modernariato ed esposta presso i piu' importanti musei del mondo , come il MOMA di
New York ,  il Victoria & Albert  Museum di Londra e  il Centre Pompidou di Parigi ,
la poltrona 4801  e' celebre anche per essere l'unico pezzo prodotto da Kartell interamente in legno.
Insolito per un Brand nato all'insegna del materiale plastico.
Soltanto oggi grazie alla tecnologia a stampaggio industriale , Kartell e' in grado di realizzare il prodotto in materiale plastico, riprendendone la sagoma curva e sinuosa



Girando per il web  si trovano  centinaia di articoli che raccontano uno  degli amori  piu' chiaccherati del nostro '900. La cronaca mondana segui' questa vicenda con incessante attenzione.
Eppure in questo triangolo di passione e vanita', c'e' qualcosa di non consueto .
Furono 3 personalita' molto forti, tenevano le scene del Teatro ,del Potere economico,e del  Jet Set Internazionale .

      Una "Divina" , un "Magnate" e un' "Icona" della classe e dell'eleganza.
Ovviamente stiamo parlando di Maria Callas, Aristotele Onassis e Jacqueline Kennedy.
Tutti ne conosciamo la storia : La Divina e Onassis , entrambi sposati, si conobbero nel '57 e si rividero presto, a bordo del meraviglioso Yacht "Christina" , di proprieta' di "Ari" .
Galeotta fu la crociera , li, sotto gli occhi dei rispettivi consorti ,e di molti personaggi
illustri come Winston Churchill, si innamorarono .
Divorati e consumati da qualcosa di cosi' forte, che non poterono  controllare ; qualcuno lo defini' un "FUOCO GRECO" .
Entrambi, infatti, di origine greca , la cantante e l'armatore , si divertivano spesso a conversare nella loro madre-lingua , escludendo i presenti .
Era un'originale forma di intimita'.
Erano accomunati anche da origini molto modeste e da una  volonta' di ferro nel conquistare il mondo, il danaro e il successo .
Ci riuscirono entrambi , con mezzi diversi e in differenti ambiti   .
Erano dei Self-Made-Man and Woman.

Lui  ,tozzo, basso, carnagione olivastra, naso enorme, occhiali scuri e abiti sformati.
Qualcuno diceva di lui: "Sembra molto più alto quando sta in piedi sopra i suoi soldi".

Lei , fiera bella , con un viso tagliente e una magrezza conquistata, un vero talento
drammatico , meta'tigre e meta' strega.  La "Divina" per il suo pubblico, del quale era ostaggio.
In altre parole una donna sola.
La passione fece il suo corso , vissuta tra mondanita' , viaggi e crociere , si consumo' a  poco a poco lasciando spazio ad un amore difficile e contrastato.
La Callas , molto innamorata, desiderava matrimonio e figli ma ,entrambe le speranze furono disattese. Onassis non intendeva perdere la sua liberta' sia di viaggiare da solo per lavoro, sia di flirtare con altre donne.
E fu qui che entro' in scena Jacqueline Kennedy, appena vedova.


Bella , giovane , colta ,  cresciuta nella N.Y. "bene" ,   gia' madre di figli,   era la conquista piu' desiderabile per l'onnipotenza di Onassis.
In pochissimo tempo , fu matrimonio.
La Callas lo apprese solo dai giornali ,e da quel momento inizio' per lei  un lento declino che la rinchiuse in un esilio volontario nel suo appartamento a Parigi.
Mori' nel settembre del '77 , due anni dopo il suo Onassis ,in circostanze molto simili ad un suicidio.
 "Jackie O" ,invece, definita da molti una moglie avida e opportunista , visse fino al 1994.

Apparentemente un triangolo come tanti altri, eppure non si finisce mai di chiedersi perche' una donna forte  come la Callas si lascio' morire .
Diede tutto a quell'amore , sacrifico' tutti gli altri oggetti d'investimento della vita reale, abbandono' il canto e dimentico' il suo pubblico , vanificando il dono meraviglioso di una voce  unica.
Come un cattivo investitore , non seppe diversificare, e per questo fini'.

E Onassis ? Un collezionista di donne celebri che non si affranco' mai del tutto dalla sua misera infanzia . Abitato dall'ossessione di avere sempre  di piu' ,   non pote' amarla , anche se forse non la dimentico' mai .

Si racconta che quando fu ricoverato , poco prima di morire, porto' con se solo una
coperta di cachemire rosso di Hermès, ricevuta da Maria per un suo compleanno  .

Oggi  tutto questo , e molto di piu' ,  aleggia ancora  a  bordo dello yacht di lusso "Christina O".
Crociere a pagamento per la modica cifra di 455mila euro x 34 persone.
C'e'  chi paga queste cifre , per respirare l'aria di qualcosa che fu.





Quando si conobbero lei aveva solo 21 anni. Dice di lui: “Sembra un fachiro, somiglia a Gandhi. E’ tutt’occhi, occhi profondi, inquieti, indagatori”.
Lui, 22 anni, di lei, invece, afferma: “E’ un peperino piccolo piccolo, mi piace tanto, mi fa tanto ridere”.
Insieme hanno trascorso mezzo secolo. Sia come marito e moglie, sia sul set :
Sono Federico Fellini e Giulietta Masina.
Il loro primo incontro, casuale- si legge nel libro Amori e Furori di Laura Laurenzi (Bur)- avviene all’Eiar.
Qualche settimana più tardi lui le telefona con la scusa di farsi dare una sua  fotografia  da sottoporre alla produzione di Vittorio Mussolini, figlio del duce.
L'idea era quella di fare un film , proponendo a Giulietta il ruolo di protagonista.
Il film non si è mai fatto, ma nove mesi dopo Federico e Giulia, anzi Giulietta, come la chiamò sempre il geniale regista, diventano marito e moglie.
E’ il 30 giugno del 1943.La cerimonia è molto sobria. Si sposano in casa in via Luttezia 11. Lavorano insieme, anche se lei non sempre  si ritrova  nei ruoli che “é costretta” ad interpretare.
Fra tanti contrasti, però Giulietta riesce  a strappare a Charlie Chaplin un complimento.
Il comico confessa nel ’66 al New York Times : E’ l’attrice che ammiro di più”.
Moglie premurosa, Giulietta è molto paziente con Fededrico che non si lascia sfuggire occasioni per flirtare con alcune attrici.
La moglie perdona tante scappatelle, “ Tanto – si diceva- poi ritorna sempre da me”.
Ma la coppia tiene duro. I due tanto diversi, si completano.
Lui incline al mutismo. Lei entusiasta di ogni viaggio, lui inamovibile .
Lei appassionata di prosa, lui di varietà. Lei fumatrice incallita da quando aveva sedici anni esiliata in un minuscolo fumoir, lui polemico spalancatore di finestre.
Hanno un bambino, che muore dodici giorni dopo la nascita.
Per questo Giulietta diceva: “ Non aver avuto figli, ci ha fatto diventare figlio e figlia l'uno dell'altro , così ha voluto il destino”.
Un destino che li tiene uniti sino alla fine. Tanto che le due malattie che li portano alla  morte esplodono parallele. Due agonie devastanti. Più lenta e dunque più straziante per lei, più rapida e violenta per Federico, che muore il 31 ottobre del ’93.
E’ lei ad organizzare i funerali e la camera ardente nel Teatro Cinque di Cinecittà , il più grande d’Europa. Lei,  ormai priva di forze,  assiste alla cerimonia degli addii,  il  3 novembre  nella basilica di Santa Maria degli Angeli.
Da quel giorno Giulietta comincia a morire. Si spegne il 23 marzo del ’94 per una neoplasia ai polmoni.
E’ diventata famosa la scena al Dorothy Chandeler Pavillion quando Fellini, sei mesi prima di morire, riceve l’Oscar alla carriera.
Di fronte ad una Giulietta che piange a singhiozzi dal palco e in mondovisione dice:
“Giulietta stop crying, stop crying. "
"L’Oscar non appartiene a me ma a Giulietta. E’ lei che devo ringraziare”.
Una volta il grande regista dichiarò” Giulietta mi è parsa subito una misteriosa persona che richiamava una mia nostalgia di innocenza. Vi è una parte di incantesimi, magie, visioni,  trasparenze la cui chiave è Giulietta. Mi prende per mano e mi porta in posti dove da solo non sarei mai arrivato”.
E un’altra volta disse ancora: “Il nostro primo incontro io non me lo ricordo, perché in realtà io sono nato il giorno in cui ho visto Giulietta per la prima volta”.
Lei è stata seppellita con l’abito da sera di paillettes che indossava la notte degli Oscar.
Tra le mani una foto di Federico sorridente ed una rosa rossa.

Amedeo Modigliani e Jeanne Hebuterne
“Sapete che cos’è l’amore, quello vero? Avete mai amato così profondamente da condannare voi stessi all’inferno per l’eternità? Io l’ho fatto…” Con queste domande, pronunciate da una Jeanne visibilmente logorata dal dolore, comincia il film I colori dell’anima, uscito nelle sale italiane il 13 maggio 2005, diretto da Mick Davis e incentrato sulla figura del pittore Amedeo Modigliani. Un incontro importante che segnerà la sua vita e la sua produzione per sempre è quello con la giovane Jeanne Hèbuterne. Lei era bella, aveva occhi azzurri e lunghi capelli castani. Era riservata, dolce e un po’ malinconica. Affascinò subito il pittore, oltre che per la bellezza e il carattere docile anche perché, giovane studentessa d’arte, promettente allieva dell’Accadèmie Colarossi e spesso da lui ritratta, era una pittrice sensibilissima e di eccezionale talento. Lui se ne innamorò perdutamente, e lei di lui. Unica la storia di Jeanne e Modì, unico il loro amore. Travolgente, profondo e quasi metafisico. Probabilmente un amore tra anime affini, un legame raro che molti di noi potranno solo leggere o vivere tramite le scene di un film o le pagine di un libro. Jeanne conosce l’anima di Amedeo, Amedeo quella di Jeanne. L’anima, conoscono l’anima. E quando due anime si fondono in una è impossibile pensare che l’una riesca a vivere senza l’altra. Manca il respiro, la forza e la voglia, manca la magia e la poesia…manca tutto ciò che è essenziale. Così, quando Modigliani si ammala e muore, Jeanne non ha molte possibilità. La figlia di Jeanne e Modì, nel suo libro, scrive di quanto le hanno raccontato a proposito della madre: “Paulette Jourdain, che era allora una bambina, si ricorda che la notte in cui Modigliani morì all’ospedale, Zborowski non volle che Jeanne dormisse nello studio della Grande Chaumière. Paulette l’accompagnò in un piccolo albergo della rue de Seme. L’indomani Jeanne andò all’ospedale per rivedere Amedeo. Il padre, silenzioso e ostile, l’accompagnò. Rimase sulla soglia, racconta il dottor Barrieu, mentre Jeanne si avvicinava al cadavere. “Non lo baciò” scrive Stanislas Fumet, amico d’infanzia, con la moglie Aniuta, di Jeanne “ma lo guardò a lungo, senza dir nulla, come se i suoi occhi si appagassero della sua disgrazia. Si ritirò camminando a ritroso, fino alla porta. Conservava il ricordo del viso del morto e si sforzava di non vedere nient’altro”. L’indomani, all’alba, Jeanne Hébuterne si gettò dal quinto piano. “Sembrava un angiolo” disse Foujita, che non rifugge dalla cattiva letteratura. Chantal Quenneville scrive: “Jeannette Hébuterne si era rifugiata dai suoi genitori, cattolici offesi della sua unione con l’ebreo Modigliani, e non diceva una parola. Erano trascorsi due o tre giorni quando domandai ad Andre Delhay: ‘E Jeannette?’. Mi guardò male. Si era gettata, la mattina, dalla finestra del quinto piano della casa dei suoi genitori.” Jeanne Hèbuterne venne seppellita il giorno dopo al Cimitero di Bagneux, vicino a Parigi, e fu solo nel 1930 che la sua amareggiata famiglia (che l’aveva fatta seppellire furtivamente per evitare ulteriori scandali) concesse che le sue spoglie venissero messe a riposare accanto a quelle di Modigliani. Jeanne quindi si suicida, ponendo fine alla sua vita e a quella della creatura che porta in grembo. Non resiste, non riesce ad accettare di separarsi da quella che era diventata una parte fondamentale e insostituibile del suo essere. Ogni volta che ripenso a questa storia non posso evitare che il mio stomaco si stringa, che le lacrime si affaccino fino ad appannarmi la vista e che il cuore mi arrivi fino in gola. Amo e rispetto profondamente la vita e la considero un dono, ma sono convinta che ognuno abbia diritto alla piena libertà di azione, di scegliere se vivere o morire, anche perché nessuno di noi ha la possibilità di vivere la vita di un altro e di sentirne il peso o il dolore. In simili situazioni nessuno ha gli strumenti per giudicare. Mi piace immaginare Jeanne e Modì felici insieme, seduti in aperta campagna. Lei gioca sorridente con le figlie mentre Amedeo guarda la scena con tenerezza e gioia, poi sposta lo sguardo e imprime sulla tela il magnifico ritratto della sua vita.